L’Asia e l’Europa, scriveva Erodoto, erano due regioni in antico conflitto, quasi per decreto del destino. Tuttavia, i legami tra le due sorelle ‘nemiche’ furono intensissimi, a partire dall’epoca micenea. Cipro e le colonie pangreche di Al Minah (Siria) e Naucrati (Egitto) furono esempi di scambio economico e culturale. Da Oriente giunse la vicenda del Canto di Ullikummi, pagina di epica hurrita, che influenzò la cosmogonia di Esiodo ed era noto a tutti che il saggio Pitagora, probabilmente grazie a viaggi, si fosse avventurato a cogliere elementi di cultura egizia e traco-scitica.
Gli Elleni videro in seguito con sufficienza le culture straniere: il greco era lingua razionale per eccellenza e per Epicuro gli dei, nei loro sereni intermundia, altro non potevano parlare che la lingua greca. L’idioma dei barbari era un balbutire patetico, degno di popoli ‘schiavi per natura’ (Aristotele). L’avventura di Alessandro cambiò tutto.
I Tolemei patrocinarono la traduzione della Bibblia Ebraica, dell’Avesta zoroastriano, e scrittori come Berosso e Manetone scrissero delle antichità dei loro popoli in lingua greca. I filosofi ellenici si incuriosirono dei Gimnosofisti indiani e dei loro filosofemi, mentre ad Alessandria pervenne un’ambasceria religiosa e politica composta da sannyasin buddhisti. Un mondo di scambi culturali iniziò, profondo, combattuto o favorito. L’arte del Gandhara, ad esempio, fondeva forme classiche con la tradizione scultorea indiana e il popolo dei Caldei o Kasdim in ebraico diveniva un modello di astrologia scientifica e addiritura medica (la melothesia, ossia sullo studio della influenza dei corpi celesti sulle membra umane). La fine dell’età classica vide non tramontare questo confronto tra cultura ellenica e le altre civiltà: il mite Plotino si aggiunse all’esercito di Gordiano III (anno 244), pronto a sferrare un attacco contro i Parti: il filosofo intendeva raggiungere, dopo la vittoria che non giuse mai, le fonti del sapere degli Indi.
( Stefano Fumagalli)