I più antichi testi maya conosciuti risalgono al III secolo a.C., mentre gli ultimi testi scritti sono stati prodotti all’epoca della conquista spagnola, anche se è possibile che la tradizione scrittoria geroglifica sia sopravvissuta fino al XVII secolo nelle aree che non erano state ancora sottoposte al controllo spagnolo, come Tayasal nel nord del Petén.
Una stima grossolana ci indica che sono circa 5.000 i testi fino ad ora portati alla luce dagli scavi archeologici e che ora si trovano in musei e collezioni private di tutto il mondo. La maggior parte di questi testi sono stati scritti durante il periodo Classico (200 d.C – 900) su manufatti in ceramica, monumenti litici, come stele e architravi. Accanto a essi troviamo testi geroglifici che sono riportati su supporti di altro tipo e che spaziano dai codici*, agli architravi di legno, agli stucchi delle facciate e alle pitture murarie degli edifici, alle pareti delle grotte, alle conchiglie e alle ossa animali (e umani), agli oggetti di giada, a quelli di ossidiana, all’argilla, etc..
Il sistema di scrittura geroglifico maya poggia su di un repertorio costituito da più di mille segni. Alcuni di loro sono varianti di uno stesso segno (allografi) o segni che hanno una medesima lettura (omofoni), oppure ancora segni che sono stati impiegati solamente in un certo periodo di tempo o in un’area geografica circoscritta. Perciò il numero totale di geroglifici impiegati, in un qualsiasi momento e luogo, non deve avere mai ecceduto i 500 segni.
Dal punto di vista linguistico il sistema di scrittura maya è un sistema logosillabico, che comprende segni che rappresentano un’intera parola (logogrammi) e sillabe (o segni sillabici, che possono essere impiegati sia come sillabe vere e proprie sia come segni fonetici). Ci sono più o meno 200 differenti segni di quest’ultimo genere (sillabico-fonetici), ma circa il 60% di essi è costituito da segni omofoni. E infatti, se in termini fonetici le sillabe del maya classico sono circa 80, da un punto di vista grafemico (nella scrittura) le (80) sillabe sono rappresentabili con 200 segni.
Una volta che si paragoni quella maya ad altre scritture mesoamericane, viene in evidenza che essa ha tutte le possibilità di registrare la complessità sintattica di ogni espressione orale di quella lingua. Anche se è opportuno aggiungere che, nella pratica, il sistema scrittorio resta comunque un’abbreviazione grafemica di strutture sintattiche molto complesse, e che perciò è inevitabile l’omissione di alcuni aspetti linguistici che devono essere “aggiunti” da lettori che abbiano familiarità con la lingua registrata dalla scrittura.
* Tutti e quattro i codici, o libri, maya superstiti (e leggibili) risalgono al periodo Postclassico (1000–1697 d.C.). I codici maya furono elaborati a partire dalla corteccia più interna di alcune specie dell’albero di amate (il fico, Ficus cotonifolia, Ficus padifolia). Essi erano ripiegati a fisarmonica e potevano essere aperti e chiusi come un paravento. Oltre ai codici del Postclassico, ci sono stati alcuni ritrovamenti di codici del periodo Classico all’interno di tombe (cf. ad. es. Angulo 1970, Coe 1990, and Fash 1992). Tuttavia tali codici sono stati completamente deteriorati del clima tropicale fino a ridursi a una massa amorfa di residui organici, stucco e pigmenti.
da “Introduzione ai geroglifici maya” di
Harri Kettunen – Università di Helsinki
Christophe Helmke – Università di Copenhagen
traduzione italiana di Andrea Ghezzi – Università di Bologna